31 Gennaio 2025

Valditara al Salone dello Studente: “Ragazzi coltivate e seguite i vostri talenti”

 Il Salone Nazionale dello Studente, itinerante in tutta Italia, è una occasione unica per incontrare  e conoscere tutte le opportunità post-diploma, in Italia e all’estero. Il Ministero sta impegnando grandi energie nell’Orientamento e, tra le attività volte a potenziare l’autoconsapevolezza degli studenti e mostrare loro le opportunità formative, ieri è partita una lettera a firma del Ministro, indirizzata a tutte le famiglie alla prese con la scelta della scuola superiore.

Avere chiari gli sbocchi professionali, incrociarli con i desideri dei ragazzi e con le proiezioni future possibili del mercato del lavoro (in continua evoluzione) ed individuare così il giusto indirizzo scolastico non è una operazione semplice. E infatti molti sbagliano scelta e si avviano verso il rischio della dispersione scolastica. Nell’edizione di Roma del Salone Nazionale dello Studente, dal 19 al 21 novembre, è intervenuto il Ministro Valditara.

La lettera per le famiglie e le risorse per i docenti orientatori

La lettera riflette l’importanza che il Ministero attribuisce all’orientamento. “Non è un caso – ha detto il Ministro, all’interno del Salone – che io abbia fortemente voluto la figura del docente orientatore. Proprio ieri abbiamo destinato risorse significative alle scuole per supportare questa figura e rilanciare le attività di orientamento. Sono profondamente convinto che tutti i ragazzi abbiano talenti straordinari che la scuola deve individuare e valorizzare. Tuttavia, questi talenti vanno anche orientati per evitare che si disperdano, permettendo così ai giovani di cogliere le opportunità che meritano”.

Il mismatch tra domanda e offerta nel mercato del lavoro

Esistono opportunità occupazionali importanti, ben retribuite, con possibilità di carriera, che spesso non sono conosciute né dalle famiglie né dai ragazzi. Ad esempio – ha spiegato il Ministro – pochi sanno cosa siano gli ITS (Istituti Tecnici Superiori) e le opportunità che offrono. L’idea di partire dall’orientamento in terza media, una fase cruciale per le scelte future, nasce dalla volontà di fornire alle famiglie informazioni chiare e corrette sulle possibilità disponibili. Questo è un servizio fondamentale per aiutare i giovani a non disperdere i propri talenti e a realizzare il loro potenziale”.

Il pregiudizio atavico sull’istruzione tecnico-professionale

Il Ministro lo definisce un problema culturale. “In Italia, diversamente da altri Paesi, l’istruzione tecnico-professionale è stata spesso considerata un’alternativa di serie B. Al contrario, vogliamo che sia riconosciuta come un percorso di serie A, capace di offrire straordinarie opportunità lavorative, formative e professionali ai nostri giovani. È essenziale che questo venga comunicato chiaramente. L’istruzione tecnico-professionale oggi è molto diversa dall’immagine stereotipata che ancora persiste. Oggi vediamo ragazzi che lavorano su macchinari sofisticati, utilizzando tecnologie come l’intelligenza artificiale. Questi istituti rappresentano un pilastro fondamentale per lo sviluppo e la crescita del nostro Paese, come dimostrano le politiche di altri stati OCSE che investono fortemente in questo settore per favorire la crescita economica”.

Il modello 4+2

L’istruzione tecnico-professionale offre opportunità di carriera e permette ai giovani di realizzare pienamente i propri talenti. Per questo è essenziale che famiglie e ragazzi conoscano queste possibilità. Un esempio concreto è la riforma del sistema “4+2” che abbiamo promosso e che sta riscuotendo grande successo. Questa innovazione è sempre più richiesta dalle scuole in tutta Italia. Il nostro direttore generale sta visitando numerosi istituti tecnico-professionali e stiamo osservando un crescente interesse da parte delle scuole e delle famiglie. Il modello “4+2” si basa su una revisione del percorso tradizionale degli istituti tecnico-professionali. Prevede un ciclo di quattro anni di studi secondari superiori, al quale si possono collegare due anni aggiuntivi, idealmente rappresentati dal percorso offerto dagli ITS. Questo approccio consente agli studenti di ottenere una preparazione tecnica e professionale di alto livello in tempi più brevi e con un collegamento diretto al mondo del lavoro o a ulteriori percorsi formativi“.

Cosa si fa nei licei quadriennali?

Non stiamo semplicemente riducendo i programmi del ciclo quinquennale per adattarli al quadriennale. Parliamo di programmi nuovi e moderni, che puntano sulla qualità, non sulla quantità. Non è un caso che, oltre a rafforzare il collegamento tra scuola, mondo dell’impresa e lavoro, abbiamo scelto di valorizzare alcune materie fondamentali: italiano, matematica e inglese. Queste non solo sono centrali dal punto di vista culturale, ma rappresentano anche le discipline in cui gli istituti tecnico-professionali tradizionalmente ottengono risultati inferiori rispetto ai licei.

Inoltre, abbiamo dato priorità a temi cruciali come l’internazionalizzazione, il potenziamento dei laboratori, e il collegamento con gli ITS, che possono completare il percorso tecnologico degli studenti. Pensiamo anche alla creazione di campus in cui scuola, formazione professionale, ITS, università e imprese lavorano insieme. Questi campus integrano esperienze, competenze, didattica e laboratori, offrendo una visione profondamente innovativa. Questo approccio ha attirato l’attenzione di diversi Paesi con cui stiamo dialogando, non solo all’interno dei piani strategici nazionali, ma anche attraverso collaborazioni internazionali. Abbiamo, ad esempio, istituito commissioni miste con Etiopia, Egitto e Tunisia, che si sono dimostrate molto interessate a esplorare le opportunità offerte da questo nuovo modello educativo.

Il ponte tra scuola e lavoro, un tema divisivo solo in Italia

Quando parlo con ministri di importanti Paesi occidentali – penso, ad esempio, al segretario di Stato Cardona dell’ex amministrazione Biden, un democratico che incontrai a Trieste durante il G7 – o con la ministra francese, quella tunisina, rappresentanti della Turchia, del Perù, del Brasile, delle province canadesi o con il ministro dell’Asia e della Germania, spesso resto colpito dalle loro reazioni. Quando racconto che in Italia esistono ancora resistenze sul collegamento tra scuola e impresa, mi guardano stupiti e mi chiedono: “In che Paese vivete?”.

Questo dimostra che alcune mentalità sono ancora ancorate al passato. Se vogliamo davvero offrire opportunità concrete ai nostri giovani, il collegamento tra scuola e lavoro, così come l’alternanza scuola-lavoro, è strategico. Ovviamente, l’alternanza scuola-lavoro deve essere svolta in totale sicurezza, e su questo siamo stati i primi a intervenire con fermezza. Il decreto legge approvato dal Parlamento stabilisce regole rigorose per garantire la sicurezza dei ragazzi durante queste esperienze. È un passaggio cruciale. Non dimentichiamo che l’alternanza scuola-lavoro è ormai adottata in quasi tutti i Paesi occidentali proprio per il suo valore strategico: permette ai giovani di conoscere l’ambiente lavorativo che li attende, le nuove tecnologie e le pratiche più avanzate.

Inoltre, con la riforma del “4+2”, abbiamo previsto la possibilità che tecnici, manager e dirigenti aziendali possano insegnare nelle scuole tecnico-professionali, accanto ai docenti di discipline tradizionali come matematica, italiano e inglese, quando manchino competenze specialistiche. Questo è un cambiamento profondo, una rivoluzione necessaria per garantire una formazione sempre più di qualità ai nostri giovani.

L’educazione al rispetto

Il Ministro ha anche fatto chiarezza sul tema che ha suscitato polemiche in questi giorni, il suo discorso alla Fondazione Cecchettin. “Sabato scorso, ad esempio, durante una manifestazione è stato bruciato un manichino con la mia immagine. Una persona urlava: “Bruciamo Valditara”. In un’altra occasione, sotto il Ministero, si sono sentiti slogan come: “Valditara ci piace di più appeso a testa in giù”. A fronte di episodi del genere, non ho ricevuto solidarietà da alcune forze politiche o figure istituzionali. Credo che, al di là delle divergenze politiche o delle critiche legittime, il rispetto sia dovuto a chiunque. Se non instauriamo una cultura del rispetto reciproco, anche verso l’avversario politico, non andremo molto lontano come società democratica. È da questa premessa che voglio partire.

La strumentalizzazione delle parole

Detto questo, alcune mie affermazioni sono state strumentalizzate. Prima del mio intervento, mi sono chiesto se fosse il contesto giusto per affrontare il tema del femminicidio. Alcuni hanno sostenuto che non fosse il luogo adatto, ed è un’opinione rispettabile. Tuttavia, poiché si tratta di un tema di importanza cruciale, ho deciso di fare un discorso ampio e non di circostanza. I discorsi di circostanza rischiano di essere banali o, peggio, ipocriti. Ho voluto affrontare il problema alla radice, sottolineando che dobbiamo promuovere una cultura del rispetto, garantendo sicurezza, libertà e dignità a ogni donna. Questo obiettivo richiede un’azione chiara e decisa. Sono rimasto sorpreso dalla violenza di alcune critiche, considerando che intellettuali di sinistra rispettati, come Massimo Cacciari e Paolo Crepet, hanno espresso riflessioni simili alle mie.

La discussione sul patriarcato

Il termine “patriarcato”, ad esempio, si riferisce letteralmente al “potere del padre” nella società e nella famiglia. Purtroppo, però, oggi si osserva un indebolimento della figura genitoriale, sia paterna che materna. Crepet ha addirittura parlato di “filiocrazia”, sottolineando che in alcuni casi è il figlio ad assumere un ruolo di potere. Dobbiamo usare le parole giuste: nella nostra società c’è ancora maschilismo, ed è contro questo che dobbiamo combattere. È contro la concezione della donna come oggetto, come essere discriminato sul lavoro, come vittima di abusi che dobbiamo concentrarci. Quando parliamo di femminicidio, dobbiamo ricordare che rappresenta solo la punta di un iceberg. Se non affrontiamo la radice del problema – quella “cultura del rispetto” di cui parlo – la punta emergerà sempre. È un lavoro complesso, ma necessario, per estirpare la concezione errata della donna nella società.

L’aumento delle violenze sulle donne

Nel 2013, le violenze sessuali registrate erano 4.325. Nel 2021 sono salite a 4.974, nel 2022 a 5.768 e nel 2023 a 5.832. Questi dati, forniti dal Ministero dell’Interno, evidenziano un aumento preoccupante. Cosa ho detto a riguardo? Ho sottolineato che queste violenze sono alimentate anche – e ribadisco l’importanza del termine anche – dalla marginalità e dalla devianza. Marginalità e devianza che possono essere conseguenze di un’immigrazione irregolare.

Non ho mai affermato che gli immigrati siano la causa diretta di questo fenomeno. Ho parlato di marginalità e devianza, che si possono contrastare con interventi mirati. Noi, ad esempio, siamo stati i primi a finanziare corsi di italiano per immigrati di prima generazione: 13 milioni di euro assegnati la scorsa settimana per promuovere l’integrazione linguistica nelle scuole, inclusi gli immigrati irregolari. Nelle nostre scuole educhiamo e formiamo tutti, senza distinzione, anche chi è arrivato clandestinamente.

Se quasi il 50% delle violenze sessuali è attribuibile a un gruppo che rappresenta circa l’8% della popolazione, e se andiamo a vedere il peso specifico dell’immigrazione irregolare in questi dati, il problema emerge in tutta la sua gravità. Per affrontarlo dobbiamo agire su due fronti: da un lato, promuovere l’integrazione; dall’altro, controllare le frontiere, come sottolineato dalla premier Giorgia Meloni. È necessario contrastare l’immigrazione illegale e favorire quella legale, creando percorsi regolari. Questo è il nostro approccio, diverso da quello dei precedenti governi. Stiamo stipulando accordi con Paesi africani come Etiopia, Egitto e Tunisia, e presto anche con l’Algeria. L’obiettivo è portare scuole italiane in questi Paesi per formare i giovani direttamente sul posto, insegnando loro la nostra lingua e cultura prima del loro arrivo.

Il rispetto diventa curricolare

Rispondendo a Elly Schlein, ricordo che l’anno scorso sono stato criticato per aver proposto un progetto facoltativo e pomeridiano chiamato “educazione al rispetto”. Oggi, quell’educazione è diventata obbligatoria e curricolare. È la prima volta nella storia della scuola italiana che il rispetto verso la donna, e verso ogni essere umano – immigrati, autoctoni, indipendentemente dal loro profilo identitario – diventa parte integrante dell’educazione civica. Le nuove linee guida prevedono che il rispetto sia trattato come una competenza fondamentale, al pari di italiano, matematica o inglese. Questo rappresenta una svolta radicale: non solo un argomento di studio, ma un obiettivo che verrà valutato.

Noi siamo consapevoli che per combattere maschilismo, discriminazione e violenza contro le donne, dobbiamo agire a tutti i livelli: contro il femminicidio, contro le violenze sessuali, contro le discriminazioni sul lavoro, fino al catcalling, che offende la dignità femminile. Il nostro impegno si basa su tre pilastri: sicurezza, libertà e dignità per le donne.

Il rispetto verso la donna è integrato in educazione civica ma deve innervare tutte le discipline

C’è un grave errore nell’ interpretazione dell’educazione civica come condensata in 33 ore: “Le 33 ore riguardano educazioni specifiche come quella finanziaria, ambientale, alimentare o stradale. Invece, per la prima volta, ho voluto che l’educazione al rispetto e ai valori costituzionali fosse integrata in tutte le materie. Questo è il concetto chiave: la scuola costituzionale, che mette al centro la persona e i valori della Costituzione italiana. La cultura del rispetto verso la donna non sarà insegnata solo nell’ambito dell’educazione civica, ma permeerà il curriculum di tutte le discipline: italiano, filosofia, storia, scienze e altre materie. Questa integrazione rappresenta una svolta significativa rispetto al passato, quando si trattava di pochi interventi limitati. Ora, la cultura del rispetto diventa un obiettivo di competenza su cui gli studenti verranno valutati.

Il consiglio ai ragazzi che devono scegliere cosa fare da grandi

Il mio consiglio è di coltivare e seguire i vostri talenti, che sono straordinari. Ve lo dico con convinzione, perché visito spesso le scuole e mi piace incontrare i docenti, il personale scolastico, ma soprattutto voi giovani. Parlo con voi per ascoltare le vostre esperienze e scoprire il vostro potenziale. Coltivate le vostre abilità e fate scelte ponderate, perché la scelta del percorso scolastico – che sia ITS, universitario o lavorativo – è fondamentale e deve essere in sintonia con i vostri talenti. I vostri docenti sono lì per aiutarvi a riconoscerli, valorizzarli e farvene prendere consapevolezza. Solo così potrete realizzare pienamente i vostri sogni. E ricordate: avete il diritto di sognare e di realizzare quei sogni.

Le prossime date del Salone Nazionale dell’Orientamento

Il Salone Nazionale dell’Orientamento sarà il 26 e 27 a Napoli alla Mostra d’Oltremare, il 4, 5 e 6 dicembre a Bari alla Fiera del levante. E poi: a Chieti Pescara, l’11 e 12 dicembre, al Dromedian Live Campus; a Monselice il 15 e 16 gennaio, presso l’Istituto Istruzione Superiore J. F. Kennedy; ad Arezzo il 5 e 6 febbraio, presso Arezzo Fiere; a Parma il 19 e 20 febbraio presso la Fiera di Parma; a Salerno il 5, 6 e 7 marzo presso Stazione Marittima; poi a Matera il 12 e 13 marzo, presso il PalaSassi; in Sardegna il 26 e 27 marzo presso la Fiera di Sardegna ed infine ad Ancona il 2 e 3 aprile, al Palaprometeo Estra “Liano Rossini”.

Related Post

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *